Re Nudo, il Festival di Montalbano: una storia di cinquant’anni fa

Scritto da il 26 Gennaio 2021


Era la prima metà degli Anni Settanta. Anni vitali, di grandi fermenti, di voglia di libertà e di nuovi orizzonti. Nei grandi cambiamenti musicali dell’epoca l’avevano fatta da padrone il “fenomeno Beat”, che poi in taluni dei suoi esponenti generò il movimento del “Flowers Power”, i Figli dei fiori. Era l’epoca del “Peace&Love”, ma con delle varianti sopratutto in Francia, Germania e Italia, che si spostavano verso l’area della contestazione giovanile e studentesca con slogan che recitavano “il tempo libero diventi tempo liberato”.

In giro per il mondo si organizzavano grandi raduni musicali con decine di migliaia di ragazzi e ragazze che riempivano le locatio: Monterey 1967, Isola di Wigth 1968-69-80 e Woodstock 1969. L’onda di questa moda musicale non poteva non essere raccolta anche in Italia: fu così che nacque il festival di Re Nudo a Montalbano.
Se anche la storia accredita l’organizzazione del Festival di Montalbano alla rivista underground Re Nudo nata a Milano nel 1970, la storia mai scritta di Montalbano narra di un mese di maggio in un parco di una villa dove un gruppo di amici di Lecco e Milano stavano facendo una festa.
La villa era dei genitori di uno dei ragazzi, rispondente al nome Riccardo Gaio.

E in quella bisboccia primaverile il gruppo di ragazzi di Lecco e Milano partorì l’Idea del raduno, che si sarebbe tenuto nei boschi della vicina Montalbano. All’uopo chiesero, ottenendolo, l’aiuto e il patrocinio della rivista Re Nudo, che acconsentì a fare nascere quello che sarebbe poi stato il primo Festival Pop Italiano.
Le date per l’evento furono fissate per il 25/26 settembre 1971. Si fece una stima di quante sarebbero potute essere le presenze, che vennero ipotizzate tra le 2.000 e, massimo, le 5.000 persone. Ne arrivarono più del doppio. Furono calcolate all’incirca 12.000 presenze nel grade prato circondato dai boschi dov’era stato collocato il palco per i cantanti e i gruppi che si alternarono nei due giorni di kermesse musicale.
Stormy Six, Alberto Camerini, Eugenio Finardi: questi alcuni degli artisti che parteciparono ai due giorni di musica e amore.

Non mancarono fatti inconsueti, che andavano dalla libera circolazione nudista per entrambi in sessi, che ad altri fatti fatti di pura sussistenza “alimentare”, come per quella mucca al pascolo, poi sparita e mai ritrovata dal suo legittimo proprietario. La mucca finì su un barbecue gigantesco per la goduria degli affamati spettatori.
Gli organizzatori misero in piedi anche una colletta per rifondere economicamente il malcapitato allevatore, che perse l’animale ma recuperò almeno del denaro.

A margine della manifestazione si registrarono anche episodi che videro protagonisti incolpevoli spettatori, cosa che si scoprì successivamente. Ad uno di questi soggetti venne lasciato in custodia uno zainetto con la scusa, da parte del proprietario, di un possibile furto. Trenta minuti dopo la polizia, che comunque presidiava la manifestazione, impacchettò l’inconsapevole custode che veniva portato nel carcere di Pescarenico per il possesso di un un chilo di marjuana.
Ci fu anche un soggetto che girò smarrito nei boschi circostanti senza trovare la strada per uscirne ben due giorni dopo la fine del festival.

Il festival lecchese fu il capostipite di altri eventi simili che si svolsero in Italia negli anni sucessivi e culminarono con il clou del “Festival del Parco Lambro” a Milano nel 1975.
Anni epici, di grandi cambiamenti, che con queste rassegne musicali segnarono un nuovo corso anche culturale. E sebbene proprio in quel periodo iniziarono pulsioni politiche estremistiche, potremmo ancora definirli come disse Eugenio Finardi: «Il ricordo di un periodo in cui era la musica a contare prima di tutto. Ci muoveva la passione, la voglia di suonare. Ci s’incontrava parlando di musica. E non di quanto stavano vendendo i nostri album».

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