Lecco, 1963: la guerra dei rioni

Scritto da il 18 Marzo 2022

La sala cinematografica si chiamava Ariston (divenne poi Capitol) ed era situata nelle immediate adiacenze del Villaggio Vecchio. Il cinema Ariston era una delle mete preferite di noi ragazzini di quegli anni.

Vi si proiettavano film molto in voga in quei periodi. La tipologia spaziava dai film storici, come quelli legati alla storia dell’impero romano, a quelli con i forzuti come Maciste, Ercole, Ursus, senza dimenticare i classici Western. Per noi ragazzi era una manna. La domenica pomeriggio, ore 13.30, eravamo già davanti all’ingresso pronti a gustarci il nuovo film avventura. Il classico di quelle visioni domenicali era che al termine della proiezione all’uscita dal cinematografo noi si replicavano tutte le scene del film.

E allora via di battaglie in strada: cowboy contro apache, Maciste contro Ercole, romani contro barbari. Nel 1963 fu immesso nel circuito delle sale cinematografiche italiane un film francese dal titolo “La Guerra Dei Bottoni”.

Il film narrava la rivalità esistente tra due villaggi francesi situati a poca distanza l’uno dall’altro. Questa rivalità si riflette sui ragazzi dei due villaggi che giocano a una guerra tra di loro, nella quale chi è fatto prigioniero viene privato dei bottoni e deve tornare a casa tenendoseli su con le mani. Ricordo ancora quella domenica al cinema Ariston quando vedemmo il film… all’uscita a noi monelli era già scattato il piano: “La facciamo anche noi”!

Elaborammo il piano e cominciammo ad organizzarci. Dopo avere costituito una sorta di alleanza tra Villaggio Vecchio, Nuovo, Acquate e Belledo, ci presentammo ai nostri contendenti, anch’essi alleati tra loro: Pescarenico, Maggianico e gli abitanti di corso Carlo Alberto. Le regole d’ingaggio erano stabilite in bombette all’inchiostro o in alternativa alla vernice (rigorosamente blu): vinceva chi aveva i soldati meno imbrattati.

Erano ammessi sistemi di difesa dalle bombette imbrattanti come scatole di cartone in cui infilarsi come armatura o coperture con sacchi di cellophane che allora recuperavamo da un nostro amico che aveva la mamma con un negozio di tintoria.

Si stabilirono anche i luoghi dello scontro: l’assaggio di quello che sarebbe successo, ovvero il primo scontro, fu concordato alla Rovinata subito sopra il santuario. All’appuntamento si presentarono una cinquantina di soggetti dei due schieramenti.

Nessuno aveva pensato a trovare il sistema per difendersi al meglio dalle bombette all’inchiostro. Piuttosto, tutti ci eravamo preoccupati di portare più munizioni possibili e, allo scopo, avevamo trascinato fino lassù cassette vuote della frutta riempite di bombette imbrattanti.

La giornata campale parti quasi subito con un lancio di ordigni nell’altra direzione. Il prato dietro il santuario da verde assunse un colore letame nero, noi eravamo già sporchi di blu e nero da quando avevamo preparato le bombette prima dello scontro. Lo sporco della fase preparatoria, aggiunto a quello rimediato dai proiettili durante la battaglia, trasformarono i contendenti in nere figure che ricordavano i minatori all’uscita dalla miniera dopo una giornata a scavare carbone.

La giornata non determinò vincitori.
Alla fine tutti eravamo imbrattati in egual misura.
Sebbene il ritorno a casa non fu certo dei migliori, tra vestiti da buttare, capelli che non si lavavano, scarpe ridotte a colori inusuali e genitori con l’ascia di guerra dissotterrata, si stabilì comunque, costi quel che costi, che si sarebbe organizzato “Lo Scontro Finale”.

Luogo dello scontro: Cabagaglio, tra il cimitero e la sponda del Caldone.
Periodo: 15 giorni dopo il primo assalto della Rovinata.

C’era quindi, tutto, il tempo per prepararsi. Il capo della nostra alleanza di rioni, tale Ottavio, recuperò da un rottamaio un triciclo a cassonetto per il trasporto delle merci sul quale, con del compensato e del cartone, costruimmo una specie di autoblindato con delle finestrelle che si aprivano solo da dentro e permettevano ai due all’interno di bombardare con l’inchiostro tutti quelli che stavano fuori. Il mezzo aveva quindi due soldati all’interno e un guidatore che fungeva anche da motore umano sul sellino a pedalare.

Il “motore umano”, nonché pedalatore, era protetto da un sacco di iuta e da un caschetto in alluminio trovato in qualche cantina. Tutti gli altri, cioè noi “fanti d’assalto”, avevamo protezioni fornite da scatoloni recuperati ovunque e cosi paludati sembravamo delle spugne giganti con braccia, gambe e testa.

Il giorno della resa dei conti arrivò. L’autoblindato pieno di bombette imbrattanti era schierato sulla riva alta del Caldone a Cabagaglio, un ragazzino del nostro schieramento, Augusto, aveva recuperato dal negozio del padre dei bottiglioni di Coca Cola formato famiglia che, almeno nelle intenzioni, avrebbero dovuto placare la sete provocata dall’ardore della contesa. In verità l’utilizzo fu di altra natura, dato che anche la Coca Cola divenne munizione imbrattante e appiccicosa.

Quel giorno del 1963 decine di ragazzini “scatolati” si sporcarono di santa ragione: c’era chi aveva occhiali da vista che, per via delle macchie d’inchiostro, sembravano occhiali da sole. Dall’autoblindato veniva lanciato di tutto: inchiostro, vernice, Coca Cola il più pulito dei contendenti in campo sembrava caduto in una pozzanghera! Andò avanti tutto il pomeriggio tra urla schiamazzi e dichiarazioni alterne di vittoria. Ottavio, con un colpo di mano, riuscì a strappare una specie di bandiera dello schieramento avversario.

Non fu una grande idea.
Per rappresaglia, i contendenti a noi avversi attaccarono l’autoblindato da cui scapparono gli occupanti e lo spinsero giù dalla riva fino al Caldone, dove si schiantò.

La giornata terminò con l’arrivo dei vigili urbani, chiamati da qualche persona che abitava nelle vicinanze che, viste le decine di ragazzini sporchi e vocianti, comincio ad averne le scatole piene.

La guerra dei rioni finì quel giorno.
Non si sa chi vinse o chi perse.
In questo genere di storie alla fine tutti vincono o perdono in pari misura.
Rimase per qualche giorno, come una foto, l’autoblindato scassato nel torrente e l’inchiostro un po’ dappertutto.
Poi fu dichiarato l’armistizio.

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