In uscita Madreperla di Guè, ‘puro storytelling’

Scritto da il 12 Gennaio 2023

Serve una masterclass sul rap per raccontare il nuovo album dalla penna di Guè ‘Madreperla’: l’ex Club Dogo spiega in anteprima alla Triennale di Milano “come si fa il rap bene, a modo nostro.

Una lezione, ma nulla di trascendentale”.

Esce direttamente dallo spot di lancio del nuovo disco Guè, ancora in rossa vestaglia Versace, per salire ‘in cattedra’ e snocciolare in poco più di un’ora storie e impressioni sul rap e soprattutto i retroscena di Madreperla, in uscita il 13 gennaio, che è somma di 12 brani, numerosi featuring inattesi e ‘intergenerazionali’, e la partnership d’eccezione con il dj, rapper underground, amico e, si scopre, vicino di casa, Bassi Maestro. In lui Guè ha ritrovato “un producer con la cultura e la conoscenza adatte per realizzare questo puzzle”. Si parte dai fondamentali: “Per fare rap non basta parlare a tempo su una base in loop. Ci vuole ben altro, ci vuole compromesso tra musicalità e testo”. Parola chiave: storytelling. Guè parafrasa le parole del rapper statunitense Ice Cube nel dire che “trasportare l’ascoltatore in una storia resta il top del game”, una caratteristica che “si è persa, ma resta la più goduriosa. A me piace creare un immaginario filmico e romanzare la realtà”. E Madreperla è “puro storytelling, sogno di ogni feticista di questo genere”. Tornando alla ‘classe’, c’è una regola aurea: “Parlate di quello che volete – spiega il prof Guè – anche dell’orto di casa, purché sia qualcosa che avete visto davvero”.

Quanto a un rapper che sia ‘degno’, “c’è una formula magica: ‘realness’, talento, timbro di voce, e anche l’autotune può essere un’arte; poi il carisma e la personalità, da non confondere con il personaggio. Se fossimo tutti personaggi faremmo gli influencer, ma la musica è ancora importante”. Bando alla modestia, Madreperla gli ingredienti li ha tutti: “Nel fare questo disco, slang e parolacce permettendo – precisa Guè – abbiamo cercato di farci capire”. Traccia di apertura è ‘Prefissi’: “Attraverso i prefissi telefonici si arriva a un’istantanea. Un’istantanea un po’ hardcore, come piace a noi. Ogni prefisso racconta una storia”. Sulla pioggia di featuring intergenerazionali, scherza: “ne manca solo uno con Al Bano”.

Si tratta di un esperimento con artisti di ogni età, dai 19 ai 49 anni: “L’intergenerazionalità, il mandare avanti questo ‘flow’, è una cosa che solo il rap può fare”. C’è il 23enne Paky in ‘Tuta Maphia’; ci sono Anna, “la rapper donna più forte che abbiamo”, e Sfera Ebbasta, che in ‘Cookies n’cream’ si sono messi “a servizio del nostro sound”; c’è Massimo Pericolo, “uno dei più grandi talenti di scrittura” in ‘Need U 2Nite’; ci sono Marracash e Rkomi che “è stato al gioco, retrocedendo dal suo mondo indie ad alcune barre rappate” in ‘Free’; Mahmood in ‘Lontano dai guai’; Benny the Butcher del collettivo americano hip hop Griselda, “il più cool del momento”, dal quale Guè è volato fino a New York per lavorare a ‘Da 1k in su’; infine c’è Napoleone, nuovo talento dell’indie partenopeo che dona “una fonetica con una marcia in più” a ‘Capa Tosta’. Si tratta di un album di sperimentazioni e esercizi stilistici, ma anche di un omaggio al passato con vari ‘samples’, campionamenti di vecchi brani: “Nella musica tutto torna – osserva Guè – nel mio disco la cosa più divertente è stata mostrare anche il mondo da cui veniamo. Abbiamo campionato pure Ron, scelta bizzarra ma – promette – di gran risultato finale”.


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