27 gennaio 1967: Luigi Tenco, morte di un poeta
Scritto da Lecco Channel il 27 Gennaio 2023
Luigi Tenco nacque a Cassine, in provincia di Alessandria, il 21 marzo 1938. Fu il frutto di una relazione extraconiugale tra la madre Teresa Zoccola e un sedicenne Ferdinando Micca. Luigi prese il cognome dal marito della madre, Giuseppe Tenco, morto poco prima della sua nascita.
Il giovane Tenco trascorse i primi anni della sua vita con i nonni e la madre, prima di trasferirsi con il fratello maggiore Valentino e la mamma Teresa a Genova. Nel capoluogo ligure frequentò il liceo classico per qualche tempo per poi trasferirsi a quello scientifico dove si diplomò nel 1956.
Nel periodo liceale mostrò un grande interesse per lo studio del pianoforte in cui si applicava dimostrando un vero talento. Anche altri strumenti rientrano nell’annovero degli interessi di Luigi Tenco, quali clarinetto chitarra e sax. Avvicinatosi agli ambienti jazz genovesi, entrò a fare parte del Modern Jazz Group. Divenne amico e sodale di un giovane Fabrizio De Andrè.
Negli anni appena successivi fondò I Diavoli del Rock dei quali faceva parte anche Gino Paoli. Verso la fine degli Anni 50 si trasferì a Milano, chiamato da Franco Reverberi, che lo incluse in alcune registrazioni di Gino Paoli e Ornella Vanoni come session man.
Il suo esordio come cantante per l’etichetta Dischi Ricordi avvenne nel 1959 con il gruppo I Cavalieri, che annoverava tra i componenti Enzo Jannacci, lo stesso Reverberi, Paolo Tomelleri e Nando De Luca. L’uscita del primo disco da solista, un 45 giri, avvenne nel 1961 con “I Miei Giorni Perduti”. È del 1962 il primo 33 giri che conteneva brani che hanno segnato un’epoca come: “Angela” e “Mi sono innamorato di te”.
Nel 1967 partecipò al Festival di Sanremo con la canzone “Ciao amore ciao”, cantata separatamente e in copia con Dalida. Il pezzo non raccolse i favori degli organizzatori della kermesse sanremese, che lo esclusero sia dalla finale che dal ripescaggio, preferendogli la canzone di Gianni Pettenati “La Rivoluzione”. La canzone fu eliminata dalla giuria con soli 38 voti su 900 e la commissione al ripescaggio, che aveva il giornalista Ugo Zatterin quale presidente, scelse altro.
Tenco, molto deluso, decise di accompagnare Dalida al ristorante U’Nostromo dove la sua casa discografica aveva organizzato una cena. Tenco non si fermò, ma proseguì verso l’Hotel Savoy dove alloggiava.
Nell’ultima ricostruzione di quanto accadde al Savoy nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967 si narra di due telefonate effettuate da Tenco: la prima che non ebbe alcuna risposta al capo della RCA Ennio Melis, la seconda alla sua fidanzata Valeria. La telefonata a Valeria terminò all’1 di notte del 27 gennaio 1967.
Alle 2.10, circa un’ora dopo, il corpo di Tenco sarà ritrovato da Dalida. Il cadavere riportava una ferita d’arma da fuoco alla tempia.
Nella camera 219 fu ritrovato un biglietto scritto a mano da Luigi Tenco che gli venne attribuito da diverse perizie grafologiche: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perchè sono stanco della vita (tutt’altro), ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e a una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi”.
Il caso della morte di Tenco tenne banco per molti anni, con supposizioni e ricostruzioni sulla veridicità di quel gesto estremo. Negli Anni 90 due giornalisti, Buttazzi e Pomati, riuscirono a sapere che il corpo di Tenco era stato portato via dalla camera 219 prima delle foto ufficiali della polizia. Accortosi delle foto non scattate, il commissario fece riportare il cadavere di Tenco per gli scatti necessari da allegare al fascicolo che ne archiviava la morte come suicidio.
Vi fu un ulteriore supplemento d’inchiesta nel 2002, portata a compimento dal procuratore capo di Sanremo Mariano Gagliano, che tre anni dopo dispose l’esumazione della salma di Luigi Tenco per effettuare l’autopsia e per altri accertamenti, i cui esiti nel 2006 confermarono il suicidio.
L’interesse sulla morte di Tenco si è ripresentato nel 2013 attraverso una inchiesta portata avanti dai giornalisti Pasquale Ragone e Nicola Guarneri i quali, dopo avere consultato tutti i documenti relativi al caso, hanno contestato agli inquirenti diversi elementi: secondo i due Tenco non avrebbe mai premuto il grilletto e la pistola del cantautore, una Walther Ppk 7.65 regolarmente detenuta per difesa personale, non sarebbe mai entrata nella stanza 219 dell’Hotel Savoy.
La procura non ha ritenuto necessario l’avvio di nuove indagini.
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