I giardini di marzo, 51 anni di emozioni

Scritto da il 21 Aprile 2023

Il capolavoro di Lucio Battisti e scritto dal grande Mogol compie 51 anni

Lucio Battisti

Compie gli anni una delle più grandi canzoni della musica italiana: si tratta de “I giardini di marzo“, 15° singolo di Lucio Battisti, scritto da Mogol e pubblicato il 24 aprile del 1972. Un brano di Mogol, appunto, ma – soprattutto – un brano autobiografico incentrato sulla vita dopo la Seconda Guerra Mondiale e in cui vi sono temi che – oggi più che mai – sembrano attinenti con le vite di tutti noi. L’infanzia nel dopoguerra, ma anche la povertà e i problemi di natura familiare. Una canzone che racconta una vita difficile ma vera, con brevi flashback fino a cambiare il tempo della narrazione, dal passato al presente.

“I giardini di marzo” di Lucio Battisti e Mogol è più attuale che mai

Le tematiche che la animano sono attuali, inossidabili e riguardanti l’umano. Tematiche quali: la precarietà economica e la precarietà esistenziale. Ne è un chiaro esempio il verso riportato di seguito:

Il carretto passava e quell’uomo gridava “gelati!”
Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti
Io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti
Il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti

Il carretto è l’elemento iniziale che squarcia il velo della memoria: un ricordo giovanile — quello di un uomo che grida “gelati!” — irrompe nel presente a sottolineare una condizione passata, una precarietà economica che non preclude a una sorta di felicità semplice, essenziale; la visione di un abito materno, tra i tanti affioranti dall’archivio-armadio, che conserva ancora una freschezza intatta, legata a un’epoca di giovinezza non ancora appassita. A volte è strano pensare che anche un genitore, oggi invecchiato, stanco, fisicamente in declino, abbia vissuto un’età verde, rigogliosa, splendente, proprio come quella vissuta da noi cosiddetti giovani. La cosa ci fa indirettamente male perché è la prova che tale ciclo, terminante si spera con un bel tramonto, toccherà a tutti, indistintamente (la precarietà esistenziale): il genitore è solo la testimonianza più evidente che abbiamo a portata di mano. 

Un chiaro manifesto poetico non nel senso prettamente musicale bensì da un punto di vista intimistico e psicologico.


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