Gli anni ‘60: il boom della musica italiana
Scritto da Valentina Codurelli il 19 Giugno 2023
Storia delle innumerevoli novità degli anni ‘60 da cui derivarono molteplici filoni e mode musicali, di grande significato per le trasformazioni sociali e culturali di quegli anni
I primi anni ’60 furono caratterizzati, per quanto riguarda la storia culturale italiana, da due novità straordinarie:
1) l’enorme espansione del mercato musicale, sia sul versante della produzione che del consumo;
2) il fatto che questa “espansione” riguardò soprattutto i giovani
Ancora una volta, si trattava di un fenomeno già verificatosi negli Stati Uniti alcuni anni prima. Le case discografiche furono le prime a rendersene conto e a riprodurlo, cioè a “inventare” i giovani come specifica e lucrosa fascia di consumatori.
L’anno d’oro della musica italiana fu il 1964, quando vennero censiti in Italia 1.230 cantanti, 111 case discografiche, 770 dancing e night, 6.200 tra complessi e orchestrine. Per portare in giro la musica, e magari ascoltarla in spiaggia o in festini all’aperto improvvisati, nacque allora il mangiadischi, un giradischi portatile per 45 giri, per alcuni anni molto in voga tra i giovani. Nel 1959 sui settimanali iniziò la Hit parade (la classifica dei 10 dischi più venduti, nata in America nel 1936), e nel 1967 ne iniziò la versione radiofonica, ascoltatissima dai teenager.
Il consumo giovanile
L’enorme consumo di musica, soprattutto giovanile, avvenne in forme diverse:
1) Esplose la mania dei festival e dei concorsi canori, che si svolgevano a centinaia, nelle più remote località: i più noti furono il festival delle voci nuove a Castrocaro; il Cantagiro ; il Festivalbar (basato sul juke-box); il Disco per l’Estate (e dal 1957 lo Zecchino d’oro, riservato ai bambini).
2) Nacque il filone delle “canzoni da spiaggia”: lo inaugurò “Legata a un granello di sabbia”, cantata da Nico Fidenco nel 1961, la prima canzone a superare il milione di dischi venduti. Interprete per eccellenza di questo filone divenne Edoardo Vianello, con pezzi cadenzati e molto orecchiabili come “Con le pinne il fucile e gli occhiali”, “Abbronzatissima”, “La tremarella”, “i Watussi” e altri. Nel genere si cimentarono anche Mina, che interpretò “Stessa spiaggia stesso mare” di Piero Focaccia, e Gino Paoli con “Sapore di sale”. Le “canzoni da spiaggia” non erano certo di eccelso valore, ma conferirono alla musica degli anni ’60 la sua inconfondibile atmosfera di spensieratezza e di gioiosa vitalità.
3) Le canzoni da spiaggia erano quasi sempre associate a nuovi balli giovanili: limbo, calypso, cha cha cha, hully gully, yéyé, surf, shake ma soprattutto il twist. Nato negli Stati Uniti nel 1960, il twist segnò una svolta, in quanto ballo di gruppo e non più di coppia. Fu allora che i locali da ballo per i giovani si differenziarono da quelli per gli adulti. Fino agli anni ’50, infatti, adulti e giovani ascoltavano e ballavano la stessa musica negli stessi locali, dai sofisticati night alle popolari “balere” per il “liscio”.
4) Per quanto riguarda l’identità di genere, le cantanti protagoniste di quella stagione ne proponevano molte varianti, adatte alle più diverse fasce di pubblico: le intellettuali e sofisticate Milva e Ornella Vanoni; la ribelle Rita Pavone; la ragazza acqua e sapone Gigliola Cinquetti; l’indipendente Caterina Caselli di “Nessuno mi può giudicare” e la trasgressiva Patty Pravo.
5) Tipico degli anni ’60 fu il fatto che molti celebri cantanti stranieri venivano a cantare in Italia in italiano, attirati da un mercato musicale così vasto e recettivo, e dalla passione tutta italiana per i festival canori (ad esempio Dalida, Francoise Hardy, Catherine Spaak; Paul Anka, Gene Pitney e Rocky Roberts).
6) A metà dei ’60 iniziò la musica della beat generation, anch’essa proveniente dal mondo anglosassone. Voci significative di questo nuovo filone furono gli americani Bob Dylan e Joan Baez, e i “complessi”, a partire dai Beatles e dai Rolling Stones in Inghilterra. Sulla loro scia, anche in Italia si moltiplicarono i complessi: Equipe 84, Nomadi, Ribelli, Giganti, Camaleonti, Dik Dik, Pooh, New Trolls.
Il fenomeno dei cantautori
Tutt’altro mondo era quello dei cantautori degli anni ’60, appartati e lontani dal gusto del grande pubblico. Intellettuali prima che cantanti; nelle loro canzoni denunciavano il conformismo e l’ipocrisia della società borghese attraverso testi spesso crudi nei termini; per la prima volta, alcuni dei loro testi abbandonavano la rima e altre convenzioni poetiche consolidate: l’opposto delle superficiali “canzonette” all’italiana.
Esponenti della cosiddetta “scuola genovese” furono Gino Paoli (Il cielo in una stanza, Sapore di sale), Luigi Tenco (Io sono uno), Fabrizio De André (Bocca di rosa), Sergio Endrigo (Teresa). Dall’ambiente del teatro politico milanese emersero Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. Il cantautore modenese Francesco Guccini con testi politicamente impegnati, inizialmente affidate all’interpretazione dei complessi modenesi e reggiani con cui collaborò (Equipe ’84 e i Nomadi). Il gruppo torinese di “Cantacronache” (Per i morti di Reggio Emilia).