La grande influenza del pop anglosassone nella musica di Garbo
Scritto da Samuele Colombo il 18 Luglio 2023
Cantautore italiano degli anni 80’, Garbo è un esponente della New wave italiana, una corrente musicale ispirata da artisti internazionali come David Bowie e Bryan Ferry
Nato a Milano nel 1958, Garbo impara a suonare la chitarra da adolescente, registrando le sue prime canzoni con gli amici con il classico registratore a cassetta. La grande svolta avviene quando, come racconta in un’intervista a Rolling Stone, Garbo inizia a registrare proprio a Lecco in uno studio di registrazione all’interno del negozio di strumenti musicali Battistini, e comincia così a farsi notare da alcuni artisti locali, come Giuseppe “Baffo” Banfi. La sua carriera vera e propria comincia nel 1981, quando esordisce con il brano “A Berlino… Va Bene“, ispirato alla “trilogia berlinese” di David Bowie.
L’anno seguente esce “Scortati”, che contiene gli inediti “Generazione” e “Vorrei Regnare”. Nel 1983 Garbo pubblica “Quanti anni hai”, brano a cui collabora Antonella Ruggiero, allora membro dei Matia Bazar. Garbo poi vince il premio della critica al Festival di Sanremo 1984, nonostante si fosse posizionato tra gli ultimi nella classifica, con “Radioclima”, tratto dall’album di grande successo “Fotografie”. Nasce nello stesso anno una nuova collaborazione tra l’artista e i Matia Bazar per il loro brano “Ultima Volontà”, contenuto nell’album “Aristocratica”.
Nel 1985 Garbo risale sul palco dell’Ariston partecipa con il brano “Cose Veloci”, ottenendo l’ultima posizione. L’anno seguente pubblica l’album “Il Fiume”: è nel pieno del periodo di sua maggior notorietà. Garbo infatti partecipa al Festivalbar ed altre manifestazioni musicali e riscuote successo.
Il 1988 è l’anno di “Manifesti”, album, che contiene il singolo “Extra Garbo“. Due anni dopo esce l’album “1.6.2”, seguito dal live “Garbo e Il Presidente” (1991), nel quale suonano alcuni componenti dei Neon. “Macchine Nei Fiori”, “Cosa Rimane… Rivisitazioni (81-91)” (1993) e “Fuori Per Sempre” (1995) segnano l’avvicinamento del cantante a musiche più orientali. La rivisitazione di Garbo del celebre brano “I ragazzi italiani”, con Ron e Biagio Antonacci, ha successo.
Nel 1997 esce Up The Line (The Virtual Sound, Word And Image) e nel 1998 “Grandi Giorni” incentrato sulle inquietudini e le problematiche del nuovo millennio e seguito da una periodo di pausa fino al 2002, quando pubblica l’album “Blu”. Gli anni duemila sono caratterizzati da collaborazioni di Garbo con altri artisti italiani non di grande rilievo come, da tributi e nuovi album, come “Gialloelettrico” (2005), “Come il vetro” (2008), “La moda” (2012), “Fine” (2015) e “Nel Vuoto” (2023).
Lo stile non propriamente italiano di Garbo lo ha reso uno dei pilastri della New wave, a tal punto da essere definito da alcuni il “David Bowie italiano”, anche se è uno dei musicisti meno ricordati in Italia. Garbo ha scritto delle canzoni melodiche, ma allo stesso tempo algide e d’atmosfera, che non sono solo semplici testi, ma, come dice lo stesso cantautore, sono una via per far percepire sensazioni e far scoprire nuovi mondi. Non tutti forse sono riusciti a captare queste emozioni e a comprendere questo stile, c’è di certo però che il nostro Garbo un segno lo ha lasciato.