Il fenomeno dialettale: tra dialetto e folklore

Scritto da il 5 Agosto 2023

Il fenomeno dialettale: dal cantautorato degli anni settanta ai veneziani Pitura Freska, i trevigiani Radiofiera, fino all’insuperabile Davide Van De Sfroos

tra dialetto e folklore

In mancanza di una lingua nazionale, faticosamente assimilata solo a Novecento iniziato e non del tutto compresa fino alle soglie della modernità (anni Cinquanta), anche la canzone conosce uno sviluppo prevalentemente dialettale, riflesso dei tanti repertori folklorici sedimentati nel corso di secoli. L’alto numero dei dialetti parlati nello Stivale rispecchia l’elevata frammentazione linguistica e culturale e per questo in Italia, a differenza di altre nazioni, non si può parlare di una tradizione popolare, ma semmai di tradizioni collegate tra di loro e perfino con territori che si estendono fuori confine.

La musica dialettale nutri l’ispirazione di autori e musicisti professionisti nel forgiare un vasto repertorio dialettale in grado di parlare alle genti dei rispettivi territori, aggiornando così un canzoniere tramandato da secoli secondo forme e contenuti della nascente cultura di massa. 

Nel Ventennio questo canzoniere subisce un’accelerazione grazie alla politica culturale del regime, volta a decantare la vita di campagna e la specificità dei dialetti, quando in realtà si trattò di una gigantesca operazione di ‘nazionalizzazione’ del folklore mirata a livellare le differenze “in nome dell’italianità”. Anche con il concorso del teatro, che vantava una lunga tradizione dialettale, e del cinema, che estese la popolarità di molte parlate locali, si affermarono il romanesco, il fiorentino, il lombardo, il veneto, il siciliano, il piemontese e il genovese. 

Dal secondo dopoguerra in poi, la canzone dialettale procede in modo quasi indipendente rispetto alla canzone in lingua, forte di un proprio mercato, un proprio pubblico e proprie manifestazioni.

Negli anni Novanta il dialetto nella canzone riprende la sua dignità e verrà preservato dal fenomeno delle posse. Si tratta di un  genere musicale affermatosi in quasi tutte le regioni italiane, che utilizza il dialetto per esprimere la condizione giovanile in opposizione al  sistema economico, politico e istituzionale. Il dialetto è contrapposto all’idioma nazionale, considerato la lingua del potere (posse  dal latino possum =  potere).

Il cantautorato degli anni Settanta

Tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni 0ttanta diversi cantautori dal Nord al Sud sono alla ricerca di nuove frontiere lessicali e scrivono canzoni d’autore in dialetto.

In Liguria: Fabrizio De André pubblica nel 1984 l’album Crêuza de mä, che segna l’inizio della nuova stagione neodialettale. Il cantautore afferma che è più semplice cantare in dialetto poiché la lingua italiana è povera di parole tronche.

Emilia Romagna: Pierangelo Bertoli incide l’album S’at ven in meint, interamente in dialetto modenese. Anche lui considera il dialetto un’ottima alternativa alle frasi lunghe e costrette dell’italiano. 

Campania: Pino Daniele pubblica nel 1977 il suo primo album, intitolato Terra mia.  La lingua impiegata è prevalentemente il dialetto napoletano, in armonia con la musica blues. 

Sicilia: Nel 1979 esce l’album  L’era del cinghiale bianco di Franco Battiato, il quale contiene un’unica canzone in dialetto: Stranizza d’amuri.

Sardegna: I Tazenda, un gruppo etno-pop rock italiano formatosi in Sardegna nel 1988 ad opera di Andrea Parodi, Gigi Camedda e Gino Marielli, tutti e tre provenienti dal gruppo Coro degli Angeli, caratterizzato dal costante riferimento alla musica tradizionale della cultura isolana e alla lingua sarda. La maggior parte dei loro brani è cantata in lingua sarda logudorese, idioma con cui sono stati scritti importanti brani letterari, i restanti in lingua italiana.

Il buon risultato di Davide Van De Sfroos a Sanremo è la conferma che la musica in dialetto ha un suo spazio nel panorama italiano.

E proprio sul palco dell’Ariston, a “sdoganare” l’uso del dialetto nella musica popolare, fu proprio una band veneziana, i Pitura Freska.

Era un momento in cui c’era in tutta l’Italia un fermento di artisti dell’area underground che usava il dialetto ma i Pitura Freska furono i primi che lo portarono davanti alla platea televisiva nazionale. 

I Pitura Freska, che ben si sposano con il genere demenziale (leggi anche: La Musica Demenziale: ridere a suon di rock), sono però la punta di un iceberg di un fenomeno profondamente radicato nel territorio. Tra i primi ci furono ad esempio i Lagunablè con il loro “blues metropolitano”. Altro nome degno di nota è il padovano Herman Medrano e i trevigiani Radiofiera


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