Spot Tabù, lo stereotipo afro-americano della fine degli anni ‘80

Scritto da il 17 Ottobre 2023

Lo spot delle Caramelle Tabù e quell’immancabile filo conduttore tra il mondo pubblicitario ed il concetto di razzismo

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Come già sottolineato nell’articolo “Morositas: morbida la vita!”, la pubblicità è una parte fondamentale della cultura popolare e si conferma sempre un riflesso delle norme sociali. Di fatto, non si occupa di descrivere un mondo reale, ma crea una visione di come il mondo stesso dovrebbe essere, sollecitando idee che hanno il potere di guidare i consumi. Non è infatti raro che all’interno della pubblicità vengano utilizzati quelli che sono dei modelli stereotipati di cose e/o persone.

L’enorme potere di guidare i consumi del mondo pubblicitario, dunque, è tanto più lampante quanto più immediato e stereotipato appare la comunicazione dello spot stesso.  Si va dal semplice “stereotipo di modello familiare” visibile nelle pubblicità della Barilla, quest’ultima possibile da ricordare per il famoso “Dove c’è Barilla c’è casa”, fino a quello che è definibile uno “stereotipo razzista”, Di quest’ultimo ne è un esempio lo spot delle “Caramelle Tabù”.

Nello spot delle “Caramelle Tabù”, il punto focale, tuttavia, non sta tanto nel prodotto in sé, quanto piuttosto nella fama della pubblicità stessa spopolata nell’anno 1988. La pubblicità, in sé, altro non è che un orecchiabile Jingle, ma, ad una analisi più accurata è facile scorgere “l’utilizzo” di uno stereotipo preciso: l’Afro-Americano.

Le caramelle Tabù, prodotte e distribuite dalla Perfetti Van Melle, sono piccoli confetti di liquirizia nera in un contenitore tondo metallico, diventate storiche proprio grazie al loro spot. La tecnica utilizzata è quella del rotoscopio, un modo di fare animazione per creare un cartone animato (molto in voga in quegli anni) in cui le figure umane risultino realistiche. Ovviamente nella canzone da lui cantata si esaltano le qualità del prodotto. 

Protagonista della pubblicità era, ancora una volta, lo stereotipo afro-americano degli anni ‘80 che affonda le sue radici nella stereotipata Blackface risalente alla tradizione recitativa del teatro americano sin dal 1830; quel personaggio con tanto di maschera e guanti bianchi, che cantava. 

Il personaggio si ispira alle performance di Al Jolson, cantante jazz anni ‘20. Al, oltre ad essere stato un grande cantante, è stato anche l’attore protagonista di Il cantante di jazz di Alan Crosland (1927), cioè il film che ha segnato l’inizio dell’era del cinema sonoro. Al Jolson Jolson è stato soprannominato “il re dei blackface”, una trovata teatrale a partire dalla metà del 19° secolo dove con il suo stile jazz e blues, ha portato la tradizionale musicale afroamericana al pubblico europeo-americano. E con il BlackFace accentuava la performance.

Lo spot riprende proprio questo punto come fulcro, un uomo di colore, palesemente ispirato ad un cantante “jazz” che canta e attira l’attenzione su quelle che sono le caramelle Tabù, e nel cantare genera un perfetto jingle tipico del genere, per usare termini semplici che “fa mettere la canzone in testa”. Lo spot fu lanciato nel 1986 ed andò avanti sino al 1996, per ben dieci anni, con alcune variazioni negli anni aggiunte per pubblicizzare l’uscita delle Tabù maxi, Tabù bianche e Tabù senza zucchero.

Insomma, uno spot che ha fatto la storia del mondo pubblicitario ed immancabilmente, purtroppo, anche di quello del razzismo.


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