Swatch: il sorriso indossato al polso che sconvolse il concetto di orologio
Scritto da Valentina Codurelli il 3 Maggio 2024
A rivoluzionare il tempo ci pensa Swatch, un’icona mai passata di moda
Colorati, diversissimi e mai banali. Dai primissimi anni 80’, gli orologi Swatch non sono mai passati di moda, ma anzi continuano a dettare nuove tendenze.
Siamo nel 1983 quando nel mondo dell’orologeria appare per la prima volta uno Swatch: un lampo a ciel sereno che rompe gli schemi tradizionali. Orologi colorati e divertenti, in grado di non annoiare mai, prodotti in svariate serie limitate e disegnati da grandi artisti, questi orologi hanno sconvolto il mondo provocando file interminabili fuori dai negozi negli anni ’90 così come oggi.
Swatch fu poi il modello di orologio che salvò l’intero settore in Svizzera e diventò un fenomeno della cultura pop, conosciuto e apprezzato da intere generazioni.
Le aziende svizzere furono da sempre all’avanguardia nella produzione degli orologi. Anche se furono resi popolari dal francese Louis Cartier negli anni della Prima guerra mondiale, quelli da polso erano stati un’invenzione della Patek Philippe, che li aveva creati vicino a Ginevra nella seconda metà dell’Ottocento. Gli orologi svizzeri comunque continuarono a essere considerati i migliori e i più precisi sul mercato fino agli anni Settanta, quando iniziarono a risentire della crescente concorrenza di quelli prodotti in Giappone.
In particolare, la crisi in Svizzera cominciò con l’entrata sul mercato dell’Astron di Seiko, il primo orologio al quarzo al mondo, del 1969. L’industria svizzera degli orologi aveva fatto il grave errore di considerare gli orologi al quarzo una moda passeggera: così, a causa della concorrenza di Seiko e di altri noti produttori giapponesi, come Citizen e Casio, perse in pochi anni due terzi dei suoi addetti e la gran parte della propria quota di mercato.
Sebbene le sorti del settore in Svizzera sembravano segnate, le cose cambiarono grazie a Nicolas Hayek, un consulente aziendale di Zurigo che nei primi anni Ottanta era stato incaricato di liquidare la SSIH e la ASUAG, due aziende svizzere che erano entrate in grossa crisi a causa della concorrenza giapponese. Hayek, il padre di Swatch, grazie al suo intuito e alle sue capacità, fu considerato l’uomo che salvò l’industria degli orologi svizzera.
Essenzialmente per risollevare il settore svizzero Hayek presentò un piano che aveva due punti principali: il primo era la fusione delle due aziende in una sola società; il secondo, il lancio su larga scala di un nuovo orologio sottile ed economico, realizzato tramite un processo altamente tecnologico a cui stava lavorando da alcuni anni un gruppo di ingegneri: “Swatch”.
Per produrre gli Swatch la gran parte dei processi industriali fu semplificata e automatizzata, in modo da rendere gli orologi più economici e producibili in massa. La più importante e celebre di queste trasformazioni fu la drastica riduzione del numero di componenti dell’orologio, che grazie ai nuovi sistemi di produzione passarono da più di cento a 51 parti, con i costi di produzione abbattuti dell’80 per cento.
Il nome “Swatch” è spesso frainteso come la contrazione delle parole inglesi “Swiss”, ovvero “svizzero”, e “watch”, ovvero “orologio da polso”. Tuttavia, lo stesso Nicolas Hayek, affermò che la contrazione originale era quella di “second”, secondo, e “watch”, orologio da polso, in quanto il nuovo tipo di orologio fu introdotto con un nuovo concetto, secondo cui swatch potesse rivelarsi un orologio di riserva, più sportivo rispetto a un altro più pregiato. Oppure, come diceva uno dei suoi slogan, si poteva cambiare tutti i giorni, proprio come una cravatta, con l’idea che i consumatori ne avrebbero potuto comprare più di uno: l’idea insomma era che l’orologio non fosse più un oggetto che serviva solo per misurare il tempo, ma anche un modo per esprimere la propria personalità.
Lo Swatch fu un successo commerciale enorme sin da subito, soprattutto fra i più giovani, grazie alle casse e ai cinturini dai colori vivaci ed i disegni sgargianti. Oltre alle fantasie astratte e a quelle che riprendevano forme e oggetti che potevano rispecchiare la personalità di chi li indossava, peculiarità che contribuì alla fondamentale riconoscibilità e attrattiva del marchio, nonché le linee dedicate a soggetti amatissimi della cultura popolare, quali i Peanuts. Spuntarono modelli di Swatch con il quadrante trasparente che lasciava vedere sotto di sé il meccanismo o quelli profumati.
Gli orologi furono poi sostenuti da campagne pubblicitarie creative e aggressive che li presentavano come prodotti innovativi, alla moda e accessibili, facendoli diventare uno dei simboli della cultura pop del tempo.
La Swatch cambiò inoltre il modo di venderli: negli anni Novanta aprì grandi negozi monomarca in luoghi molto celebri, come Times Square a New York o gli Champs Élysées a Parigi, ma investì anche su punti vendita piccoli e molto riconoscibili in posti allora non convenzionali, come le stazioni o gli aeroporti.
Una delle iniziative più note dell’azienda fu la Swatch & Art, un programma avviato nel 1985 grazie al quale artisti e designer noti potevano creare i propri modelli o collezioni di Swatch in edizione limitata. Tra questi: Modigliani, Frida Kahlo, Keith Haring, Jean-Michel Folon, Sam Francis, Pierre Alechinsky, Mimmo Paladino. L’iniziativa diede così un nuovo spessore a quello che fino ad allora era stato solo un accessorio per giovani.
Secondo Hayek, quello che fu determinante per il loro successo comunque fu una campagna di marketing molto ampia e ben studiata. «Primo, la qualità più elevata. Secondo, un prezzo basso. E terzo, lo stimolo della società».