Il flipper: quell’impazzita pallina d’acciaio

Scritto da il 13 Maggio 2024

Tra percorsi tortuosi e luminescenti, quell’impazita pallina d’acciaio intrattenne intere generazioni

flipper credito fotografico TURISMO.it
Il flipper, credito fotografico: TURISMO.it

Il flipper, questo gioco una volta molto popolare, dove non pochi si sono cimentati contro una “impazzita pallina di acciaio” e la propria abilità manuale.

La sua origine risale alla corte del Re Sole dove vigeva un gioco molto popolare con delle biglie, che prese il nome di “Bagatelle”, e che era composto di un piano di legno con delle buche, sul quale i giocatori dovevano spingere, con un bastoncino, delle biglie in buca, riuscendo ad evitare vari ostacoli, costituiti da numerosi chiodi piantati nella tavola. Con l’avvento del progresso il flipper divenne sempre più elettrificato e ricercato con innovazioni tecnologiche.

Insert coin to play

Il luminoso biliardino elettrico a gettoni, dotato di un dispositivo per il conteggio automatico dei punti, vede cominciare la sua storia italiana alla fine degli anni ’50. Quello che in America era il pinball viene chiamato flipper per via delle palette (flippers, per l’appunto, lett. “pinne”) che respingono le palline durante il gioco, tra percorsi tortuosi e luminescenti e tipici suoni scampanellanti. Il successo del gioco, a partire dagli anni Sessanta, sarebbe stato travolgente, ma il flipper non aveva avuto vita facile, e il tutto era avvenuto non senza polemiche.

È il divertimento di una generazione che sta dimenticando l’amicizia (Nicola Adelfi, Il «flipper» magico giocattolo per l’era dei missili e dei robot, “La Stampa”, 15 gennaio 1958).

Nel 1959 la campagna contro il flipper, accusato di creare dipendenza e di attirare la delinquenza nei bar che lo ospitano, porta il Ministero degli Interni a equipararlo al gioco d’azzardo e a revocarne le licenze d’uso. 

Nemmeno questo riesce però a fermare il gioco: i sindacati degli esercenti di bar e locali pubblici protestano con forza, e le aziende realizzano un biliardino elettronico che non fa vincere denaro. Alla fine, per la gioia dei giocatori, le licenze vengono sbloccate e il flipper viene assolto. Ormai la sua marcia è inarrestabile. 

Dilaga anche in Italia la mania dei bigliardini meccanici. Padri severi e autorevoli uomini d’affari contendono il posto davanti ai ragazzi davanti a quelle scatole policrome; sono felici di ammucchiare, senza abilità e senza guadagno, milioni di punti, trovando una facile evasione da questa vita, sempre più tesa e solitaria. 

L’immagine evocata più spesso dal flipper è l’allusione erotica. Lo stesso Benni l’aveva già sfruttata in Bar Sport.

La sensualità del flipper viene ribaltata in chiave comica nella scena iniziale del film Troppo forte (1986), di Carlo Verdone. Qui Oscar Pettinari, amante dei film d’azione americani e aspirante attore in cerca di successo della periferia romana, mostra a un imbranato giocatore quale sia il modo giusto per giocare a flipper.

Game over

Oggi l’oggetto è ormai per lo più appannaggio di amanti del modernariato e del vintage, essendo praticamente scomparso dai locali pubblici, lasciando il posto ai videopoker e alle slots.


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