La pubblicità italiana e quella comunicazione che fece la storia

Scritto da il 2 Luglio 2024

La pubblicità italiana si rivoluzionò, si politicizzò ma soprattutto seppe “prendersi in giro”

La pubblicita italiana

Anni ‘50, Italia; siamo in pieno boom economico, si inizia a parlare di consumismo, che dall’America si espande a macchia d’olio, le persone cominciano ad acquistare per il gusto di farlo, non per pura necessità.

È in questo panorama che la pubblicità acquisisce un valore notevole. Il linguaggio pubblicitario si modernizza. “Assaggiatemi, diverremo amici” enuncia il distillato Biancosarti. “Camminate Pirelli”, dice l’omonima azienda di pneumatici; i titoli iniziano a parlare direttamente al consumatore. L’illustrazione lascia spazio alla fotografia.

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Ad investire il panorama pubblicitario italiano del tempo è anche un’altra grande novità: l’arrivo della cosiddetta “pubblicità hollywoodiana”, che per la prima volta mostra agli italiani il nesso tra divi e prodotti. Ne è un esempio l’annuncio per Lux “il sapone delle stelle”, con Ava Gardner.

Gli anni Sessanta sono il decennio del Carosello. La televisione diventa un media di massa, e il mondo della pubblicità cavalca l’onda. Inizialmente, il Carosello non era e non poteva essere solo un contenitore di messaggi pubblicitari; erano infatti predeterminati il numero di secondi dedicati alla pubblicità, il numero di citazioni del nome del prodotto ed il numero di secondi da dedicare allo “spettacolo”, la cui trama doveva essere di per sé estranea al prodotto (per approfondire leggi anche: “C’era una volta il Carosello“). 

La pubblicità decise così di rinnovarsi, diventando prima di tutto una forma di intrattenimento. 

Indimenticabili sono personaggi come l’Omino con i Baffi del caffè Bialetti o Calimero per il detersivo Mira Lanza, senza dimenticare Caballero e Carmencita, eroi del Caffè Paulista, nati dall’immaginazione di Armando Testa e Armando Guidone.

Figura pubblicitaria di maggior spicco in questo periodo è sicuramente Marcello Marchesi, creatore di più di quattromila slogan, tra cui “Vecchia Romagna etichetta nera, il brandy che crea un’atmosfera” o “Non è vero che tutto fa brodo” per il brodo Lombardi.

Negli anni ’70 la pubblicità soffre l’ostilità del marxismo giovanile, che l’addita di essere uno strumento capitalista, promotrice di falsi bisogni di consumo.

La pubblicità assume dunque una linea difensiva, tentando di giustificare la promozione dei prodotti. Famose di questo periodo sono l’annuncio di Scottex “Dieci piani di morbidezza” o Jagermeister, che mostra fotografie di vari personaggi famosi che spiegavano il motivo per cui bevevano quell’alcolico.

Alla stregua delle mire giovanili, la pubblicità si politicizza. Esemplare di questo fenomeno è l’annuncio della linea d’abbigliamento Cori “Né strega né Madonna”, con cui sottolinea il suo supporto per la lotta contro il gender gap.

cori

Non si pensi che con questa “politicizzazione” la pubblicità divenne più ‘impegnata’, anzi, è proprio negli anni 70 che la pubblicità, a fronte anche dell’aumento della concorrenza, ha infatti spinto varie aziende a compiere scelte di marketing (oggigiorno) alquanto discutibili, dando vita a campagne pubblicitarie spudoratamente provocanti e sessiste. È il caso di Peroni “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”, o “Scappa con Superissima” di Enerton. L’annuncio più famoso del tempo rimane però il lavoro di Emanuele Pirella e Oliviero Toscani per Jesus Jeans.

Gli anni Ottanta segnano la morte del Carosello, dovuta all’entrata in scena delle televisioni private e della pubblicità commerciale. Fininvest entra con successo nel panorama televisivo, portando con sé l’ideale consumista americano, il modello pubblicitario italiano inizia così ad avvicinarsi allo stile hollywoodiano, e sempre più brand usufruiscono della fama di personaggi famosi per promuovere i propri prodotti. Memorabile è lo spot diretto dal regista Federico Fellini per Bitter Campari e i Rigatoni Barilla.

Nasce la “pubblicità spettacolo”, il cui più importante esponente fu Marco Mignani, che viene ricordato in particolare per l’annuncio “Milano Da bere” realizzato per l’amaro Ramazzotti.

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Ritorna la necessità di intrattenere il consumatore, prima di commercializzare un prodotto. Ecco che il modello del Carosello ritrova il suo spazio.

I casi pubblicitari di maggior successo di quegli anni sono tutti legati a spot con uno sfondo comico e discorsivo, esempi di questo filone sono gli spot di Telecom con Massimo Lopez, o Parmacotto con protagonista Christian De Sica.

Quello che oggi rimane della pubblicità italiana porta con sé opinioni differenti. C’è chi decreta una crisi (forse definitiva) denunciandone la banalizzazione, forse frutto del poco coraggio degli investitori, e c’è invece chi celebra i nostri lavori come esempi di una pubblicità matura.


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